Monday, November 30, 2020

PLUSULTRA/Full HD Video, 3:00min./2019. -
 
 
 
 
  
Il confine da sempre, mostra il suo carattere fondamentale che è quello di segnalare il luogo di una differenza, di una separazione, di una chiusura reale o presunta che sia. Le panne unite tra loro e legate in modo tale da creare un quadrato, formano una barriera, un dentro e un fuori diviso da un confine che risulta essere però instabile e mobile dovuto al movimento dell’acqua.
All’interno del quadrato un liquido giallo viene contenuto per pochi secondi dalla rigidità delle barriere per poi iniziare a fuoriuscire spontaneamente e cominciare a mescolarsi con il resto del mare.L’apertura forzata delle barriere invece, sarà una prova per cercare di riattivare uno spazio chiuso, affinchè metaforicamente tutte le identità possano incontrarsi ed essere sullo stesso piano, ed ognuna di loro esistere in quanto confermata dalle altre. Si crea così uno spazio “altro” che diventa comune, che mescola, unisce e non divide,  senza ostilità, ma con  fluidità e lentezza, permettendo giustapposizione del vicino e del lontano, del fianco a fianco, uno spazio che  include e non nega. Con l’apertura si aiuta, in un certo senso, il processo inevitabile di unione iniziato spontaneamente e a noi  visibile grazie al colorante.  
Il gesto dell’apertura diventa pratica di tolleranza, di convivenza, d’accettazione, diventa trasformazione, riduce drasticamente la rigidità  dello spazio e il suo potere, ne annulla altresì il suo tratto più ostile ed aggressivo e diventa spazio allargato.  Il tentativo di circoscrivere una porzione d’acqua all’interno di uno spazio, di creare un rigido confine in mezzo al mare, è decisamente fallito.

Fundamentally boundaries have always indicated a line dividing different places, a separation, or a closure, real or otherwise.  The panels join together and are bound in such a way as to create a square, forming a barrier with an interior and an exterior and separated by an unstable and mobile border due to the movement of the water. Inside the square a yellow liquid is contained only for a few seconds by the barriers until it starts to pour out over the barriers spontaneously and blends with the rest of the sea. The forced overflowing of the barriers is an attempt to try to bring life to an enclosed space, so that metaphorically all identities can meet on the same plain, and be on the same level, and each of them accept the existence of the other.  In this way a "unique" area is created that becomes communal, that amalgamates, that unites and does not divide, an area without any hostility and with a fluidity and slowness, allowing the juxtaposition of the near and far and the side by side, a space that includes and does not reject.   This overflow of liquid is seen as an opening and helps in a certain sense the inevitable process of unity which starts spontaneously and is visible to us thanks to the yellow coloured liquid.  This ‘opening’ overflow represents the practice of tolerance, of coexistence, of acceptance, it becomes a transformation and drastically reduces the harshness of the space and its power, it also abolishes its most hostile and aggressive barriers and becomes an enlarged space.  The attempt to contain a body of water within a limited space, to create a rigid boundary in the middle of the sea, has definitely failed.  

https://vimeo.com/354870414 

 


 


 


 

 


 




 

 


 

Plusultra
Divieto di Approdo
stampa su carta di cotone
30X30 40X40
2019-2020

 

 


    

Durante le riprese del video, ho scattato delle fotografie del luogo costretto a convivere con la fluoresceina sodica, il tracciante giallo/verde usato come indicatore che mescolato all’acqua di mare ha creato stratificazioni di colore, paesaggi innaturali, codici narrativi meritevoli un approfondimento ulteriore. La riflessione sui confini  da quelli territoriali, culturali a quelli personali è sicuramente ampia e complessa,  in ogni caso non possiamo mai parlare di confini assoluti, ma di entità indefinite e indefinibili, eppure spesso, come nel caso di quelli territoriali, nascono ed emergono risultati concreti e reali, per esempio nascono unità sociopolitiche, si combattono guerre, si formano alleanze. Diciamo, che ogni confine possiede una componente effettiva ed imprescindibile che genera una forma chiusa, come il confine di uno stato, di una città, ma allo stesso tempo ne possiede una astratta che è in continua evoluzione e che tende inevitabilmente alla dissoluzione ed annullamento di tale rigidità, pensiamo ai confini culturali  per esempio che si mescolano con quelli religiosi, etnici ed economici.
Tale libertà della “forma”, la capacità di diventare altro e creare nuove possibilità, nuovi paesaggi è evidente nelle immagini che ho scattato in occasione delle riprese video e in un secondo tempo in luoghi simbolo del mio territorio nei quali è impossibile accedere in quanto zone militari, quindi luoghi chiusi e interdetti, come l’isola del Tino  la Torre Scola, Maralunga.
L’uso del tracciante giallo/verde ha creato immagini alterate e decontestualizzate;  ci si ritrova, davanti ad una natura che risulta incatalogabile, dove l’intervento dell’uomo, in una sorta di sfida nei confronti della natura stessa, restituisce delle immagini artefatte, traumatizzate dalla presenza di una sostanza non appartenente al mondo naturale, si  crea un ambiente metafisico, un nuovo mondo che è estraneo e sconosciuto, un mondo reale che può rivelarsi irreale da un momento all’altro. L’interazione da’ vita ad un paesaggio poetico e sospeso da una parte e inquietante al tempo stesso dall’altra. Il colore giallo/verde forte e deciso, crea un paesaggio affascinante, dal cromatismo imprevedibile, pieno di luce, dai colori brillanti che deve necessariamente indurre ad una  doppia messa a fuoco sull’aspetto libero e selvaggio della natura e quello artificiale e più complesso che appartiene all’umanità e sulla loro possibile convivenza e collaborazione. La restituzione fotografica diviene quindi dimensione indefinita, che oscilla tra natura e rappresentazione mentale, tra fascinazione e turbamento. Il lavoro iniziale sul concetto di confine chiuso, che non riesce a rimanere circoscritto, come abbiamo visto nel video e che quindi si mescola, si riflette anche ed inevitabilmente sull’idea di paesaggio che diventa precario, come una sorta di sospensione visiva ed emotiva.
Sia durante le riprese video e  gli scatti fotografici, nei luoghi sopracitati, si assiste inermi allo spettacolo di una natura interrotta, stratificata,  malata e artificiale, affascinante e desolante allo stesso tempo.
La stratificazione  crea  spaesamento, genera sensazioni opposte che si intersecano tra loro, costruisce uno spazio nuovo, diventa anche, mezzo di attraversamento dei territori e in certi casi, come le zone militari, di riappropriazione simbolica degli stessi, invito all’azione, al superamento dei limiti, delle barriere dei confini. Racconta oltre le reali possibilità, un altro modo di intendere un paesaggio.
Ma cosa vuol dire un altro modo di intendere un paesaggio?
In una famosa lettera, “L’ascensione al Monte ventoso” scritta da Francesco Petrarca al frate agostiniano Dionigi San Sepolcro, amico fraterno di Francesco, nell’aprile del 1336, il poeta racconta di un viaggio, quello della salita al monte appunto, che si svolge per lo più dentro l’anima del poeta in un ambiente naturale inesplorato. La conquista della vetta diventa metafora della faticosa salita verso la salvezza e dal nostro punto di vista di lettori di oggi, anche studio del paesaggio come acquisizione artistica di luoghi filtrati attraverso l’anima, attraverso l’emozione che il paesaggio stesso gli ha comunicato sia come luogo reale che come luogo simbolico. Il racconto contiene il modello di una descrizione paesaggistica frutto di una “Artialisation” per dirla alla Roger, in quanto il paesaggio è descritto in modo “mirabile” quasi come fosse un dipinto.     
Secondo la “Teoria del paesaggio” del sopracitato filosofo contemporaneo Alan Roger, il paesaggio(inteso come genere pittorico, ma oggi possiamo dire anche fotografico) non esiste in natura, ma nasce da un’interpretazione artistica, di quanto lo sguardo umano percepisce nell’osservare un ambiente naturale, quindi frutto di un ‘artialisation’, cioè di una interpretazione da parte dell’artista che può avvenire IN-VISU, attraverso lo sguardo dell’artista stesso, che riproduce e traspone e IN-SITU, cioè ci fa vedere ciò che  attraverso un’operazione intellettuale e culturale, egli vede. Ritroviamo in Petrarca, quindi, un inconscia sensibilità nei confronti di un ambiente naturale in-situ che si trasforma in-visu attraverso lo sguardo artistico da parte del poeta che non interpreta il paesaggio solo oggettivamente in quanto luogo, ma anche soggettivamente attraverso un’emozione e una riflessione intellettuale. Liberi ormai dal concetto di arte come imitazione della natura, in quanto copiarla (o fotografarla) in modo realistico sarebbe come sottrarre la natura alla sua natura stessa, Roger ci  invita invece ad un processo di  negazione della natura, parla di  neutralizzarla, snaturarla per poterla restituire, attraverso un processo artistico, e poterla attraversare e vivere con l’immaginazione ed un nuovo sguardo.
Durante la realizzazione della parte fotografica l’intervento con l’indicatore nei luoghi sopracitati, diventa atto mentale ed emotivo che coincide con l’ammirazione e la registrazione oggettiva della realtà, ma di fatto con un distacco ed una sospensione da essa, per porre l’attenzione in un suo altrove, nella possibilità di una visione ‘altra’. Non è copia della realtà, ma atto che alla fine produce immagini irreali, soggette a creare spaesamento percettivo, stupore ed invito ad interpretazioni soggettive, col fine di sollecitare emozioni e possibili letture. La fotografia in questo caso, diventa per me, un’indagine sullo stato sconosciuto e immateriale del mondo ed una analisi sul delicato e precario rapporto tra uomo e natura, sul confine tra reale e irreale.